lunedì, ottobre 31, 2005

fog

Milano stasera è nel suo massimo splendore.
Si è messa l’abito più comodo e rappresentativo: la nebbia.
È come se si fosse preparata per la notte.
Accende per noi le abatjour ai bordi delle sue strade che sotto lo strato denso di nebbia creano riflessi arancioni, piccoli incendi in lontananza che riportano alla mente il romantico Turner.
Vaghiamo per Milano senza meta, dalla radio arriva musica anni ’80, quella che ti piace tanto.
Ridiamo, simuli balli anni ’80, io rido, tu balli.
Il tempo stasera è stanco di correre e le ore passano piacevolmente senza fretta.
Dal finestrino le case sembrano senza volume, si intravedono solo le facciate, alcune luci calde dalle finestre ma niente di più. Un set cinematografico, o una città fantasma; la nostra fantasia deciderà quale.
This Is Not America, D. Bowie.
Stasera abbiamo fortuna con la radio. Certo avessimo i cd potremmo decidere la colonna sonora della nostra serata, ma senza sorprese. Sono anni che mi dici di cambiare radio. La mia è vecchia, ha solo le audiocassette e le casse, beh le casse non sono un granché. Lo sai, sono un’inguaribile amante del passato, del vintage, del vissuto, delle rughe, delle crepe, delle pagine ingiallite. Della storia. Io guardo quella radio e ricordo. La prima volta che ho guidato la macchina, la fatica di guidare sbronza, le bigiate con le amiche e la musica a tutto volume, i pianti autunnali ascoltando Battiato (beh ammetto di essere un po’ masochista… mai ascoltare Battiato e soci nei momenti difficili!).
Tu mi hai insegnato a guardare oltre l’orizzonte, io a voltarti indietro per osservare le orme lasciate alle nostre spalle.
In fondo stare insieme è condividere, barattare la propria conoscenza, la propria esperienza.
Un baracchino fumante dei panini per la strada, un tranviere che scompare nella nebbia.
Dal finestrino appare un timido castello che, grazie al denso “grigiume” di questa sera, si decontestualizza per riprendere il proprio tempo, la propria epoca. Non si scorgono le macchine, le edicole, i negozi e ci ritroviamo catapultati nel passato.
Lo so, avrei dovuto portare la macchina fotografica che mi hai regalato. Ma cazzo! Mi sono dimenticata di caricarla! Pensa a come sarebbe bello poter mettere in memoria ciò che vediamo, tutto ciò che rapisce la nostra attenzione, arrivare a casa, e poter scaricare immagini e pensieri sul computer. Un po’ Matrix. Stavolta sono io che azzardo una sbirciatina al futuro tecnologico!
Fermi la macchina e osserviamo la nostra foto mancata. La musica ci culla i pensieri e il silenzio ci lega come non mai. Quanto mi mancavano i nostri silenzi all’unisono. E come se ci gridassimo il piacere di stare insieme. Il silenzio incornicia il nostro momento con l’eternità, come una fotografia.
Lasciamo il ‘500, gli Sforza e il futuro “matrixiano” troppo futuro, ci copriamo scomparendo nella nebbia.
Un bacio e una buona notte di sogni d’oro e d’argento.

giovedì, ottobre 27, 2005

giovedì, ottobre 20, 2005

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lacrima

Noi due bloccati da un muro, manifesto delle nostre incomprensioni.
Un muro che ha soffocato i nostri i cuori, accecato i nostri occhi.
Un muro che all'improvviso scompare per lasciare spazio a una lacrima, una sola che, percorrendo il tuo viso segnato dal tempo, ha riflesso tutto il tuo dolore.
Ma ora che le tue rughe, tracciato del tuo passato, hanno assorbito in un attimo la nostra lacrima, il nostro fugace momento di tenerezza aspetterò finché un sorriso, un'emozione ci possa legare ancora.

Questo l'ho scritto un po' di anni fa. Non è un granché, ma mi è tornato in mente per una serie di emozioni già vissute, momenti difficili superati, ma impressi nell'animo. Questo è per mio padre, un padre lontano e allo stesso tempo vicino. un padre e una figlia con un rapporto fatto di forti contrasti e forte amore. Un rapporto contraddittorio. Lui così pragmatico, io troppo sognatrice. Lui così caparbio e sicuro, io così autocritica e in continua lotta con me stessa.
La paura della morte ci ha avvicinato, la morte ha ridato vita a un amore.

"Van Loon, uomo destinato direi da sempre ad un lavoro più forte
che le sue spalle o la sua intelligenza non volevano sopportare
sembrò quasi baciato da una buona sorte
quando dovette andare;
sembra però che non sia mai entrato nella storia,
ma sono cose che si sanno sempre dopo,
d'altra parte nessuno ha mai chiesto di scegliere
neanche all'aquila o al topo;
poi un certo giorno timbra tutto un avvenire
o una guerra spacca come una sassata,
ma ho visto a volte che anche un topo sa ruggire
ed anche un'aquila precipitata...

Quanti anni, giorno per giorno, dobbiamo vivere con uno
per capire cosa gli nasca in testa o cosa voglia o chi è,
turisti del vuoto, esploratori di nessuno
che non sia io o me;
Van Loon viveva e io lo credevo morto
o, peggio, inutile, solo per la distanza
fra i suoi miti diversi e la mia giovinezza e superbia d'allora,
la mia ignoranza:
che ne sapevo quanto avesse navigato
con il coraggio di un Caboto fra le schiume
di ogni suo giorno e che uno squalo è diventato,
giorno per giorno, pesce di fiume..."
(Van Loon, F. Guccini, 1987)

mercoledì, ottobre 19, 2005

ore 9.30 del mattino Savona:"una pioggia che viene giu' come le patate"
(espressione rubata a una vecchia zietta ligure)

lunedì, ottobre 17, 2005

senza titolo



Originally uploaded by bambinaportoghese.
"Quando non coincide più l'immagine che hai di te
Con quello che realmente sei
E cominci a detestare i processi meccanici e i tuoi comportamenti
E poi le pene che sorpassano la gioia di vivere
Coi dispiaceri che ci porta l’esistente
Ti viene voglia di cercare spazi sconosciuti
Per allenare la tua mente a nuovi stati di coscienza

Quand l'image que tu as de toi ne coincide plus avec ce que tu es réellement
Quand tu commences à hair les automatismes de ta facon d'agir
Et quand les chagrins prennent le pas sur la joie de vivre,
Avec les peines que nous apportent l'existence,
Et tu vas chercher des espaces inconnus,
Pour une nouvelle conscience."

ci sono momenti in cui non mi riconosco.

quando devo confrontarmi con gli altri e ogni mio gesto, ogni mia parola è intimidito dall'esterno che mi osserva. come se abbassasi il volume per non disturbare.
una paura stupida che a volte riesco a soffocare. stupida perchè spesso può essere fraintesa.

Quando la quotidianità prende il sopravvento. i giorni scorrono troppo velocemente e vengo fagocitata dal solito caos.
corro per riuscire a fare, fare, fare. per poi voltarmi verso i giorni passati e notare di aver perso per strada le mie vere passioni.

Poi arriva il giorno in cui mi osservo dall’esterno come se mi sdoppiassi e metto in ordine. Cercando di non perdermi nuovamente.

lunedì, ottobre 10, 2005

autunno (F. Guccini)

Un'oca che guazza nel fango,
un cane che abbaia a comando,
la pioggia che cade e non cade
le nebbie striscianti che svelano e velano strade...
Profilo degli alberi secchi,
spezzarsi scrosciante di stecchi,
sul monte, ogni tanto, gli spari
e cadono urlando di morte gli animali ignari...
L'autunno ti fa sonnolento,
la luce del giorno è un momento
che irrompe e veloce è svanita:
metafora lucida di quello che è la nostra vita...
L'autunno che sfuma i contorni
consuma in un giorno più giorni,
ti sembra sia un gioco indolente,
ma rapido brucia giornate che appaiono lente...
Odori di fumo e foschia,
fanghiglia di periferia,
distese di foglia marcita
che cade in silenzio lasciando per sempre la vita...